Vivere e gestire il rischio: una questione di continuità
Sono passati quasi tre anni da quando, in una giornata di fine ottobre, mi hanno detto che quella malattia con cui avevo convissuto 8 mesi se ne era andata. Piano piano, sono tornata alla mia quotidianità con una buona dose di nuove decisioni e nuove prospettive che mi hanno permesso di approdare in MYR Consulting. Diciamo che avevo archiviato il capitolo, a suon di momenti goduti, cambiamenti e sorrisi mai persi. Ma sorpresa! Qualche settimana fa è tornato a bussare alla porta di MYR questo vecchio amico, il signor Linfoma. Ha deciso di far provare ad una persona del team cosa significa pazientare e guarire, dandomi lo spunto per una riflessione un po’ fuori dagli schemi.
Siamo tutti convinti che una volta che abbiamo “superato” problemi, di qualunque genere, questi non si possano ripresentare. È un meccanismo profondamente umano: dopo aver attraversato qualcosa di complesso, ci convinciamo che abbiamo già dato e ci ritroviamo a pensare “figurati se ri-succede!”. Ebbene no miei cari: purtroppo ri-succede e anche molto più spesso di quanto crediate!
Se non affronti la causa, il problema ritorna
Nel caso di malattie importanti la recidiva è una possibilità che tieni sotto controllo facendo esami e visite apposite per evitare di ritrovarti in pronto soccorso per 8 ore senza riuscire a respirare agevolmente. In Risk Management e in Architettura, possiamo interpretare la ricorrenza come un rischio prevedibile non gestito in maniera adeguata.
Le aziende sono attentissime dopo che accade qualcosa per la prima volta: fanno quindi analisi, programmano interventi propedeutici a non far accadere più quello che è capitato. Ma dopo? Spesso va nel dimenticatoio e ci si dimentica di quanto fatto, facendo passi indietro in materia di gestione dei rischi.
Lo stesso succede in architettura: se sappiamo che la muffa deriva da un’infiltrazione di acqua o da uno sbalzo termico che crea condensa, perché si agisce in superfice “cronicizzando” il problema e risolvendolo solo temporaneamente? E questa è la prima lezione.
Strategia prima della crisi: l’essenza del Risk Management
La seconda lezione che possiamo trarre da questo parallelismo si basa sul detto “prevenire è meglio che curare”. Lo possiamo dire per un raffreddore, non sempre per un tumore: se ci penso la mia stanchezza, la mia sudorazione notturna, la mia fatica nel respiro, erano tutti campanelli d’allarme che ho considerato “normali”. Sono sempre stata sana, sportiva, e bilanciata, nessuno poteva prevederlo. Così come non puoi prevedere la rottura del lucernario durante una grandinata importante che ti obbliga a sospendere le attività nella tua azienda perché piove dentro. E allora cosa è meglio fare in questi casi? Correre ai ripari ogni qualvolta succede quell’evento imprevisto? No, la soluzione è prevenire: pensare in anticipo a tutto quello che potrebbe accadere ed elaborare una strategia utile ad evitare che quell’evento pesi sulla tua azienda. Ecco il cuore del Risk Management.
Questo vale anche in architettura: esattamente lo stesso modo di prevenire, pianificando tutto quello che è da fare per ottenere il risultato voluto.
Il follow-up come modello di governance
La parola chiave diventa quindi continuità.
Il follow-up in campo medico esiste non perché siamo certi che la malattia potrebbe tornare, ma perché monitorare protegge più di qualunque intervento reattivo. È una dichiarazione di cura verso sé stessi, è prendersi il tempo di capire come iniziare una nuova fase, ricca di paure ma anche di gratitudine.
Allo stesso modo, nelle aziende il monitoraggio continuo è fondamentale per strutturare un piano di mantenimento della continuità operativa, usando il tempo di calma a disposizione per pianificare l’eventualità della reazione. È un tema culturale, non burocratico.
In architettura lo si vede ogni volta che un cantiere va bene: non perché “non ci sono intoppi”, ma perché qualcuno si è preso cura di quello che stava succedendo, controllando con costanza tutto quello che veniva realizzato e mitigando i possibili effetti collaterali.
Non controllare tutto: imparare a restare presenti
Questa esperienza, ricorrente e ravvicinata, mi ha ricordato alcune cose semplici ma fondamentali, come il fatto che i rischi non spariscono solo perché li abbiamo già incontrati!
Si dice che la vita accade, anche se noi non vogliamo, anche se non siamo nel mood, anche se ci sembra tutto perfetto. Non possiamo prevedere tutto, nemmeno in ambito lavorativo. Possiamo però scegliere come affrontare quello che ci accade. Sapere che un rischio può ripresentarsi non è motivo di paura ma di consapevolezza: ci ricorda che la cura non è un momento isolato, ma un processo continuo, fatto di attenzione, monitoraggio e responsabilità. E forse la vera forza sta proprio qui, nell’accogliere il fatto che se un capitolo apparentemente chiuso si dovesse riaprire, avremo a nostra disposizione gli strumenti, le relazioni e la maturità per affrontarlo di nuovo.
Serve vivere con presenza, prendendoci cura di ciò che siamo e di ciò che costruiamo ma anche di chi lo costruisce con noi.
