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Il rischio di selezionare curricula invece che scegliere persone

Il rischio di selezionare curricula invece che scegliere persone

 

Tra i rischi che corrono le organizzazioni ce n’è uno davvero enorme legato al Capitale Umano: assumere le persone da inserire nel proprio team semplicemente affidandosi all’istinto (e al cv).

Oggi sono sempre più evidenti le possibili conseguenze di questa scelta: assistiamo a fenomeni globali come la “Great Resignation” e il “Quiet quitting”, che meritano senza dubbio una riflessione.

Con il primo termine si intende l’aumento significativo delle dimissioni volontarie. Negli Stati Uniti si è osservato un vero e proprio esodo dei giovani dal posto di lavoro, che ha colto impreparate il 75% delle aziende.

Anche in Italia, negli ultimi due anni, si sono registrate molte più dimissioni volontarie rispetto al passato.

Nel nostro paese sembra ancor più preoccupante un altro fenomeno meno evidente, ma con analoghe radici: il “Quiet quitting”, cioè l’“abbandono silenzioso”.

Si tratta della tendenza sempre più diffusa a svolgere le proprie mansioni professionali attenendosi al “minimo indispensabile”: rispetto degli orari lavorativi, ma rifiuto degli straordinari e di partecipare a nuovi progetti aziendali, scarsa disponibilità alla reperibilità e al prodigarsi per risolvere eventuali problemi insorti in ufficio.

In sostanza, si garantisce la presenza fisica e lo svolgimento delle attività concordate, ma mantenendo una sorta di distacco emotivo dal lavoro.

Quali sono le cause di questo distacco emotivo dal lavoro?

La risposta facile sarebbe la pandemia.

È vero, in seguito alla pandemia questi fenomeni sono senza dubbio esplosi, ma il loro esordio risale al periodo pre-covid.

La ricerca longitudinale “Benessere e adattamento psicologico durante la pandemia COVID-19” condotta da Trauma Living Lab alla quale ho partecipato, ha chiarito che la pandemia ha rappresentato una sorta di trauma collettivo.

L’impatto del trauma però non ha sortito effetti universali, bensì ha portato all’emergere di conseguenze negative laddove ci fossero già fragilità latenti preesistenti.

Questa dinamica si è osservata tanto nei singoli, rispetto alla loro salute psicologica, quanto nelle organizzazioni, relativamente al benessere e alla stabilità dell’organizzazione stessa.

Il distacco emotivo dal lavoro può avere molteplici cause.

Sicuramente c’è una componente legata all’insoddisfazione economica e alla maggior ricerca di conciliazione tra vita privata e vita lavorativa, che l’esperienza dello smart working ha reso più accessibile.

Non possiamo però ignorare che, tra le “crepe” preesistenti alla pandemia, c’è probabilmente una difficoltà a identificarsi con il proprio ruolo professionale: quanti di noi percepiscono il proprio lavoro come autentica realizzazione delle proprie potenzialità?

Se questa identificazione non c’è, se si svolge un lavoro per il quale non ci si sente portati, che non corrisponde minimamente alle proprie attitudini, il distacco emotivo dal lavoro diventa molto più probabile.

Come proteggersi da questo rischio?

Il modo per proteggersi da questo rischio c’è: selezionare il personale con il supporto di strumenti scientifici, in grado di valutare se esiste un buon match tra le caratteristiche del candidato e il tipo di personalità adatta al profilo ricercato.

Ad esempio una persona precisa e coscienziosa potrebbe essere perfetta per lavorare in contabilità, ma rivelarsi poco efficace in un ruolo in cui siano richiesti dinamismo e flessibilità.

Una persona introversa potrebbe dare il meglio di sé come analista finanziario, ma vivere con estremo disagio un lavoro in un call center…

Insomma, oggi è ancora più evidente quanto sia fondamentale saper mettere “la persona giusta al posto giusto”. È importante per la persona stessa e per l’organizzazione.

Solo le grandi aziende possono avvalersi di strumenti scientifici per selezionare il personale?

Assolutamente no! Quando si pensa alla selezione mediante test attitudinali, spesso si pensa a grandi aziende che delegano l’intero processo di ricerca e selezione alle agenzie esterne che si occupano di effettuare l’assessment.

In realtà c’è un’altra possibilità, più economica e più adatta ad aziende meno strutturate e di minori dimensioni, che non vogliano delegare in toto l’intero processo.

I Manager di queste aziende possono portarlo avanti in prima persona facendosi affiancare da uno psicologo che, in qualità di consulente, partecipi alle interviste ai candidati e somministri loro dei questionari di personalità, al fine di scegliere la PERSONA che più si avvicina alle aspettative dell’organizzazione.

In una piccola azienda è ancora più importante scegliere la persona più adatta, perché l’impatto che ha l’inserimento nel team di una persona non idonea è ancora più evidente.

A differenza di una nave enorme, su una piccola barca a remi se anche solo un membro dell’equipaggio non rema o rema nella direzione sbagliata, si rischia di non arrivare a destinazione!

Ma dietro ogni rischio si nasconde un’opportunità: se la piccola barca a remi inizierà a scegliere per il proprio equipaggio solo i membri più efficaci…arriverà a volare sull’acqua!!!

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