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Sognare non costa niente... oppure no

Sognare non costa niente… oppure no

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Ultimamente si sente spesso la frase “i giovani d’oggi non hanno voglia di fare niente” ma ci si è mai messi nei loro panni? Si è mai cercato di capire le motivazioni dietro alla profonda esigenza di trovare la propria strada?

Questa settimana, dedicata alla Festa dei Lavoratori, abbiamo deciso di dar voce alle esperienze di chi fa parte del nostro team e che ha intrapreso due percorsi completamente diversi ma dai quali, tra le righe, si è in grado di leggere i loro sogni e gli ostacoli da superare per poterli raggiungere.

Ad accumunare entrambi, oltre alla fascia d’età, è la determinazione nel voler arrivare dove si erano prefissati.

Tra Sogni d’Infanzia e Realtà Adulta: riscoprire il proprio cammino

Che cosa vuoi fare da grande?” Questa domanda, un classico della nostra infanzia, ci era posta spesso dagli adulti. Da bambini, le risposte erano pronte, chiare, piene di certezze. Io sognavo di essere un veterinario, poi un pompiere, un traduttore di testi giapponesi e infine un geologo. Immaginavo di lasciare il mio paese per esplorare il mondo, attratto dalle manifestazioni di vita della Terra, che mi sembravano riflettere il caos emotivo che sentivo dentro di me, figlio di un mondo e di un paese in continua evoluzione, ancora poco ospitale per i giovani.

Oggi, alla soglia dei 35 anni, non scrivo queste righe da qualche vulcano remoto, ma da un ufficio di un ente di formazione, con cui ho iniziato a collaborare come libero professionista. Da bambino a oggi, la mia vita ha preso molte direzioni inaspettate. Dopo un brillante percorso in un liceo classico e una serie di lavori sottopagati e precari, la mia avventura universitaria non ha mai preso il volo. Ho trovato l’università noiosa e sopravvalutata, utile più che altro per ottenere un titolo da esibire. Nonostante ciò, continuo a inseguire quel titolo più per completare il curriculum che per passione. Il lavoro è sempre stata la mia priorità, un modo per allontanarmi dal nucleo familiare e costruire qualcosa di mio, un luogo da chiamare “casa”.

Sognavo di lasciare il mio paese, come molti giovani, a volte costretti dalla realtà in cui vivono. Non mi è stato possibile e con grandi difficoltà ho trovato un lavoro a Roma. Un lavoro che nel 2013 mi pagava 2,40 € l’ora per 60 ore a settimana, sufficienti solo per affittare una piccola stanza sulla Linea A del metrò. Una situazione difficile, ma che mi permetteva di essere indipendente. E lavori del genere, nonostante la politica spesso ignori il problema, esistono ancora.

Da allora, ho cambiato quattro stanze e altrettanti lavori. Dopo innumerevoli corsi di formazione ed esperienze lavorative, ho deciso di essere il datore di lavoro di me stesso. Così posso valutare personalmente il mio operato e prendere piena responsabilità della mia vita professionale. Guardando al futuro, il mio sogno non si è spento. Anzi, si è evoluto. Desidero non solo esplorare il mondo, come un tempo sognavo facendo il geologo, ma anche provare a contribuire a costruire un ambiente di lavoro più giusto e motivante per le prossime generazioni.

Rifarei tutto? Senza esitazione, centomila volte.

Perché ne parlo? Perché la mia esperienza potrebbe servire da lezione per i giovani che stanno iniziando il loro percorso: non arrendetevi alle prime difficoltà, cercate di imparare da ogni esperienza e usatela per costruire il futuro che desiderate. Ovunque esso sia.

Marco Petronelli, 34 anni, consulente digital e progettista di piani formativi.

Da Sogni di Infanzia a Realizzazioni Concrete: il percorso di una giovane Architetto

Ho sempre saputo che cosa volevo fare da “grande”: nel momento in cui ho dovuto scegliere il mio percorso scolastico (le scuole superiori) non avevo dubbi. Il mio costruire case con i Lego doveva pur essere sintomatico di qualcosa: volevo diventare un architetto. E così è stato.

Dopo cinque anni di scuole superiori ed altrettanti di università, dove ho cercato di stare al passo con lezioni, progetti di gruppo, consegne, esami, lavoro e vita sociale, sono riuscita a laurearmi nei tempi.

Poi è iniziato il lavoro, quello vero però, non quello che cercano di insegnarti in università attraverso stage di 150 ore in cui molto spesso ricopri dei ruoli marginali.

Mi sono ritrovata ad essere catapultata in una bellissima realtà molto lontana da tutto ciò che avevo imparato negli anni precedenti. Per fortuna, durante il mio percorso universitario, ho cercato di accrescere le mie competenze tecniche lavoricchiando in piccoli studi del territorio: questa strategia mi ha permesso di comprendere meglio come funziona essere un Architetto e mi ha aiutato a capire che questo era il lavoro che volevo fare. Tecnica, competenza e creatività sono le parole d’ordine, in cui mi ritrovo pienamente e che mi hanno portato ad essere dove sono oggi.

Mentre finivo di studiare, avevo già ben chiaro in testa che non volevo fare l’esperienza nei grandi studi che i miei coetanei bramavano. Volevo trovare un posto di lavoro in uno studio medio-piccolo, dove il lavoro che ognuno svolge giornalmente conta. Dieci giorni dopo essermi laureata, grazie a conoscenze comuni, avevo fissato un colloquio con uno studio a Bergamo. È stato il mio primo vero posto di lavoro, non della mia vita ovviamente, ma di quella che stavo sognando.

Pertanto, gambe in spalla e a venticinque anni (e mezzo perché era aprile 2020) ho aperto la partita iva. Qualche mese dopo mi sono abilitata e con l’avvento del nuovo anno mi sono iscritta all’ordine.

Il mio sogno si era concretizzato. Mi piaceva lavorare lì, fare sempre cose nuove, essere sempre stimolata, imparare quotidianamente qualcosa dai professionisti e colleghi che frequentavano lo studio.

Poi, a marzo 2022, il fattaccio: di punto in bianco mi ritrovo relegata in una stanza di ospedale per un tumore e vedo tutto il mio lavoro sgretolarsi.

Per sei mesi e mezzo, durante le chemioterapie, mi sono sforzata di non far mai mancare niente ai miei colleghi, di portare a termine ciò che avevo iniziato, rimanendo ancorata alla vita lavorativa che mi ero costruita.

Alla fine di questi mesi intensi, mi sono chiesta se questo fosse davvero quello che volevo fare, perché non ero più felice. Non mi ero mai fermata ed ero esausta di andare avanti ed indietro da Bergamo, perdendo minimo due ore della mia giornata per spostarmi.

Ho rivisto le mie priorità e mi sono data il tempo di fiorire. La consapevolezza che la malattia mi ha donato l’ho accolta come una piccola gemma, pronta a sbocciare e a diventare il più bel fiore della mia pianta.

Voglio comunque continuare a fare l’architetto? Sì, ma a modo mio perché la mia vita non è il mio lavoro. Voglio continuare ad essere un libero professionista? Sì, perché mi permette di stare alle mie regole ed ai miei tempi, anche se non sempre può essere facile a livello di responsabilità ed economicamente parlando.

Il mio lavoro mi piace? Assolutamente sì e, piano piano, lo sto integrando con altre competenze ed esperienze che arricchiranno il mio percorso, rendendomi così completamente soddisfatta di quello che faccio ogni giorno.

Emanuela Gusmini, 28 anni, architetto

Cosa possiamo aggiungere?

Le storie di Marco ed Emanuela ci dimostrano che la strada per realizzare i propri sogni non è mai lineare o priva di ostacoli. Tuttavia, con la giusta determinazione, è possibile modellare la propria carriera e la propria vita in modi che rispecchiano le nostre aspirazioni più profonde.

La festa dei Lavoratori può essere un importante momento per riflettere non solo sul valore del lavoro, ma anche sul potere personale di trasformare le avversità in punti di forza e trovare un modo per aiutare, supportare e permettere di far crescere i ragazzi. Sia che si tratti di affrontare cambiamenti inaspettati o sfide monumentali, la chiave sta nel mantenere la propria integrità e nel perseguire la felicità e il successo nei propri termini.

A tutti i giovani professionisti là fuori: i vostri sogni sono validi, le vostre lotte sono comprese e il vostro futuro è solo vostro, purché continuiate a camminare con coraggio e autenticità tenendo a mentre i vostri obiettivi.

Continuate a sognare, a lottare e, soprattutto, a costruire il mondo che desiderate.

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